Da un giorno all’altro sono stato catapultato in una nuova vita, una situazione surreale e da non crederci.
Come tutti voi del resto.
Ma la decisione di chiudere io sentii di prenderla due giorni prima dell’ufficialità del Decreto.
Decisi di chiudere perché sentivo il bisogno di salvaguardare la salute dei miei familiari, dei collaboratori, dei clienti e anche la mia.
Le prime notti sono state diverse, provavo a girarmi sull’altro fianco ma del sonno ormai non c’era più traccia. "Bisogna restare svegli, operativi", questo è ciò che mi suonava nella mente.
Un giorno poi, fiducioso che tutto questo sarebbe finito nel giro di poche settimane, mi metto subito all’opera realizzando tutorial e piani di studio, restando in continuo contatto con i miei clienti e organizzando riunioni online con i miei collaboratori.
Poi però arrivavano i notiziari e la fiducia e l’ottimismo cominciavano a venir meno.
La riapertura mi sembrava sempre più lontana e con essa anche la possibilità di tornare tutti alle nostre vite.
Eppure, forza e volontà non mi hanno abbandonato nemmeno un minuto, tanto da arrivare al punto di creare subito un programma quotidiano che mi impegnavo a rispettare ogni giorno fedelmente.
Sveglia alle ore 7:30, colazione, mattinata da tutor per i miei figli a ripassare la matematica e riscoprire la grammatica, pranzo alle 13:00, pomeriggi interi dedicati allo studio.
Quale studio? Restando a casa ho potuto finalmente terminare la scrittura del mio manuale “La Rubrica del Barbiere”, completare la creazione di un nuovo piano di marketing e definire la messa a punto di nuove strategie e obbiettivi da raggiugere.
Insomma, nonostante il salone sia chiuso, arrivo a fine serata stanco ma ancora soddisfatto.
E quindi una mattina – sorseggiando lentamente il mio amato caffè al ginseng per non provocarmi un’ustione di terzo grado – cominciai a pensare che la mia quarantena non “puzzasse” più di chiuso, di pantofole e di pigiama ma che profumasse di nuove abitudini. Abitudini che sanno di casa, di famiglia e di un impegno trasversale, non più dedicato solo al mio lavoro, ma che abbraccia tutte le cose importanti per me.
Profumi della buona cucina, di compiti, di famiglia, di cameretta dopo ore rinchiuso a studiare, di pigiama indossato per giornate intere, di pomeriggi trascorsi nel balcone a prendere il sole, di amore, tutti valori che compensano la malinconia e mi fanno riscoprire ogni angolo della casa.
Ho imparato a rivalutare anche il mio carattere da sognatore incallito ( difetto piuttosto scomodo per chi ha una famiglia, che mi ha portato a realizzare tanto ma ad allontanarmi tante volte da questa meravigliosa vita) che con la mente mi fa subito arrivare altrove in poco tempo e a reagire sempre alla vita con nuove facce, restando però sempre con i piedi ben saldi a terra.
Detto ciò, non nego quell’irrefrenabile desiderio di uscire di casa, di toccare, di parlare occhi negli occhi, di tagliare i capelli davvero.
Ma serve pazienza.
Oggi scelgo volontariamente di ascoltare meno telegiornali e di pensare di più, abbandonandomi ai ricordi. È così che nella mia mente è apparsa una voce saggia, una voce che non ascoltavo da anni, la voce di mio nonno Nicola, defunto ormai da 17 anni.
Ricordo i suoi racconti, ricordo quando si perdeva nella descrizione maniacale del suo dopoguerra, ricordo i dettagli dei suoi racconti e ricordo che ribadiva sempre che a quei tempi loro non avevano nulla, che tutto era andato distrutto e che rimaneva solo un mondo squattrinato da ricostruire con pazienza e tanta forza.
Eppure, mio nonno Nicola e tutti quelli come lui erano accomunati da un sentimento collettivo di speranza, di ricostruzione, di ricerca a nuove opportunità per un futuro che fosse più roseo del loro presente.
In realtà queste sue parole sono state per me educazione e insegnamento, e mi hanno sempre invogliato ad essere pronto a tutto, senza farmi trovare impreparato.
Poi però arriva la sera e si torna con il pensiero a quella saracinesca chiusa, a quelle forbici posate ormai da settimane sul banco lavoro, a quelle postazioni vuote, a tutti quei clienti che ogni giorno disperati mi contattano con la speranza di un taglio, ad una ripresa sicuramente difficile da affrontare; pensieri che a volte mi portano a non dormire con un'unica speranza.
Ma se c’è un insegnamento che ho tratto da tutta questa situazione, è che non dobbiamo fermarci. È giusto pensare al futuro nonostante i blocchi del presente e utilizzare tutti i momenti che ora abbiamo per pensare a cosa fare e a cosa migliorare quando potremo riconquistare piano piano la nostra normalità.
Vi abbraccio tutti,
Nicola Marino.